mercoledì 6 novembre 2013

Gravity



Genere: Fantascienza
Anno: 2013
Regia: Alfonso Cuaròn
Cast: George Clooney, Sandra Bullock, Ed Harris
Durata: 92'
Voto: 6/10

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Strana creatura questo Gravity, ultima produzione firmata da Alfonso Cuarón, regista messicano la cui produzione varia da Harry Potter: Il prigioniero di Azkaban al distopico I figli degli uomini, con alterne fortune a dire la verità. 
L’idea principale di questo film è piuttosto uno studio fisico/ingegneristico sulle condizioni di vita nello spazio, un tuffo tra immagini belle e ricercatissime, probabilmente migliaia e migliaia di dollari spesi in consulenze tecnico-scientifiche. Mancanza di gravità (banale il nome allora), mancanza di propagazione del suono, mancanza di fiamme ed esplosioni data dall’assenza di ossigeno nello spazio. Tutto bello. Ma la mancanza di una sceneggiatura? La mancanza di una anche minima capacità attoriale? Due grandi nomi, quelli di George Clooney e Sandra Bullock, per portare la gente al cinema e niente più.

La trama è assai scontata, la risoluzione del plot idem, quel che in realtà risalta in questo contesto, a questo punto assai decadente, è l’atmosfera thriller che assume Gravity in alcuni tratti del film. Quell’atmosfera di sospensione, di vera mancanza delle leggi fisiche che governano il mondo terrestre, e che appunto regolano anche le attività psicologiche dei protagonisti, che portano lo spettatore a identificarsi con i personaggi, sospesi nel limbo spaziale, che è poi l’assenza di appigli che governa la loro vita. Ma chissà, forse questa non è nemmeno la chiave di lettura che dovrebbe essere privilegiata nella visione di questa pellicola.

Per concludere, Gravity rimane un efficacissimo spettacolo di immagini, soprattutto se apprezzato in 3D, un’ interessante avventura spaziale, quasi documentariale, ma in quanto film uno scialbo richiamo a quel capolavoro assoluto che è 2001: Odissea nello spazio, che fu una vera rivoluzione per il cinema fantascientifico di locazione spaziale e non solo, i cui echi si sentono ancora oggi, come il film qui recensito tende a dimostrare.

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