martedì 3 gennaio 2012

Top Five

Post-Punk

Bauhaus, Bela Lugosi's Dead EP (cover) 

Il Punk è stato un movimento effimero, senza istinto di preservazione, e si è consumato nella sua stessa rabbia, si è lasciato divorare dalla sua stessa debolezza, velocemente, senza lasciare traccia della sua scomparsa. Ma nessuno lo aveva dimenticato, era rimasto nelle viscere delle nuove generazioni, era rimasto nei sopravvissuti e in quelli che non avevano potuto viverlo di prima persona e volevano viverlo, non si volevano rassegnare. Questo fu il contesto storico e sociale in cui nacque il Post-Punk: un bisogno di emulare, di riprodurre, di ricreare, un bisogno di sfogare altra rabbia, altra violenza, di parlare ancora delle stesse cose, argomenti ancora caldi e problemi irrisolti, che la gente voleva ancora risolvere. Ma nel processo accadde qualcosa, si aggiunsero degli ingredienti, altri si persero e la riproduzione diventò una trasformazione, una raffinazione del punk, un nuovo genere. La rabbia si trasformò in rancore, la violenza diventò sotterranea, nascosta, diventò una sorta di malattia, maledizione, un bisogno di esprimere qualcosa che non potevano esprimere, un bisogno di essere qualcosa di diverso, che non potevano essere.
Siamo di fronte a un individuo più maturo, ma per questo più cupo e depresso, senza la spavalderia necessaria per emulare l’urlo del punk, ma solo per gemere il lamento del proprio essere disadattato, inconciliabile con il mondo, e la sua rabbia, il suo rancore.

  1. Bela Lugosi’s Dead, Bauhaus, Bela Lugosi’s Dead EP (1979)

Il Dark (o anche Gotico) è il genere più particolare del post-punk, una combinazione di musica, arte e poesia, un vero e proprio stile, con una propria immagine e una propria iconografia. I Bauhaus sono uno dei gruppi di punta gotico post-punk, e a mio parere uno dei più grandi gruppi mai esisti. La loro arte esprime ogni sentimento, soddisfa ogni desiderio dei sensi, è una specie di droga, un’arte completa.
Le atmosfere sono cupe ma non depresse, i testi inconsueti e a volte deliranti ma non banali, la voce di Peter Murphy rompe la barriera del suono e si insinua nel corpo prendendone potere, come il ritmo monotono, industriale, da catena di montaggio, la chitarra metallica, sferragliante e il basso cupo e profondo. Bela Lugosi’s Dead è un inno della musica Dark, un richiamo alle armi della generazione post-punk, un segnale. Non è ancora finita.

  1. She’s Lost Control, Joy Division, Unknown Pleasures (1979)

Ian Curtis scrisse questa canzone per una ragazza, conosciuta in un centro di riabilitazione dove faceva servizio come volontario. Mentre cercava di trovarle una lavoro le si affezionò, ma lei morì a causa di un attacco pochi giorni dopo. Una canzone piena di angoscia, di rancore e di impotenza,  piena delle debolezze di quella generazione, tutte concentrate come una maledizione nella mente di Curtis, nella sua arte, per mezzo della quale tentava forse di liberarsene. Non ci riuscì.

  1. From Her to Eternity, Nick Cave & the Bad Seeds, From Her to Eternity (1984)

Nick Cave è uno dei pochi sopravvissuti. Uno dei pochi rimasti perennemente nella penombra, un artista della mutazione, della mimesi. Il primo disco con i Bad Seeds è il suo capolavoro; un connubio perfetto di Dark, punk, post-punk e pop, senza precedenti, che preannunciò la carriera di un artista formdabile, che ha attraversato la storia della musica moderna creando e plasmando nuovi stili e ed esplorando le frontiere come pochi prima di lui.
From Her to Eternity è l’esempio perfetto dello stile post-punk: è un lamento, ossessivo, un suono spezzato e martellante, senza una vera struttura, improvviso. La voce di Cave potente e calda, da cantastorie,  si insinua lacerante, non lascia tempo per respirare iniettando dosi di angoscia e adrenalina, inchiodandoti tra le rime del suo racconto. Una musica viva, cruda, violenta e spaventosa, inseparabile dalla personalità di Cave, una personalità spezzettata, incontrollata, di cui l’unica espressione è la musica.

  1. Love Will Tear us Apart, Joy Division, 1979

Love Will Tear us Apart è la canzone simbolo della scena post-punk, l’esempio più puro, l’ultimo grido di speranza dei Joy Division. Una musica che riempie la testa di immagini, cose mai viste, elementi del subconscio risvegliati dalle sue vibrazioni. Un pezzo che fa impallidire per la sua forza e la sua potenza.

  1. Sunday Bloody Sunday, U2, War (1983)

Termino con gli U2, il legame tra il post-punk e la New Wave, il legame con l’evoluzione della musica dopo gli 80’, l’unico gruppo che uscirà vittorioso da quegli anni, da quella generazione. Sunday Bloody Sunday è una canzone di protesta, una canzone ancora punk, di un gruppo che era arrivato in ritardo per il 77 e che si era lasciato contaminare dalle nuove tendenze, ma senza lasciarsi distruggere dalla propria ambizione. Gli U2 si sono trattenuti, si sono lasciati domare per poter resistere più a lungo e hanno vinto. Sono sopravvissuti. Ma Sunday Bloody Sunday è morta insieme ai ragazzi ribelli della periferia dublinese, che lasciarono il loro mondo per diventare Rock Star. Forse è questo che la rende così fottutamente bella.

Il post-punk è un genere dimenticato, che è rimasto sempre nell’ombra, nascosto ai più, nascosto da quelli che avevano paura potesse diventare un nuovo punk, magari più pericoloso, più violento. Ma è stato di più di un nuovo punk. È stato un periodo che rimarrà nella storia. Un periodo in cui l’arte si è riconciliata con la gente comune, con le periferie, con la depressione. Non con gli studenti e i professori, i letterati e i borghesi come sempre prima, ma con la gente, quella vera, quella arrabbiata, quella senza speranza, che per la prima è ultima volta si è sentita capita, e consolata. Non si è sentita sola.

2 commenti:

  1. d'ora in poi non leggerò più riviste del cazzo, ma per essere consigliato sulla buona musica e sui buoni film consulterò questo straordinario blog! attendo nuove recensioni!

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  2. beh, anonimo, la cosa non può che farci grandissimo piacere! grazie tante e certamente aggiungeremo nuove recensioni

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