martedì 17 gennaio 2012

Nick Drake



Ho pensato di dedicare un post a questa perla nascosta, questo autentico genio romantico che per troppo tempo è stato dimenticato.


Nick Drake nasce a Rangoon, Birmania, nel 1948 da genitori inglesi trasferitisi per lavoro, per poi tornare in Inghilterra, a Tanworth-in-Arden, dove passerà tutta la vita. Lì inizia a suonare il pianoforte, la chitarra e il clarinetto nella banda della scuola.
E' appunto nel 1969, a soli 21 anni, che incide il primo album, Five Leaves Left.
Non è semplice descrivere Drake in quanto artista: praticamente assimila il folk americano di Dylan, lo assorbe, lo distrugge e lo riassembla attraverso le sue letture, che vertono essenzialmente sul romanticismo inglese. Le atmosfere sono cupe ma allo stesso tempo intrise di passione unica, di un'amarezza dettata per lo più dalla solitudine. Oltre ad essere un artista nel vero senso della parola, è anche un chitarrista impressionante: la sua tecnica è quanto di più unico si possa osservare, suona praticamente la chitarra come fosse un piano. Addirittura Pink Moon, suo terzo album, non avrà bisogno d'altro. Tutta la sua forza espressiva si scaglia attraverso la sua chitarra, di cui distrugge ogni canone. E' uno stile forse mai ripreso perché totalmente attaccato all'idea di canzone di Drake, che non si avvicina a nessuna corrente musicale. Sì lui è folk, pop (nel significato anni '60 del termine). Ma non è mai davvero un artista folk. Perché quando la musica è così intima, così tanto espressione di chi la crea, acquista un'unicità impareggiabile, tanto da diventare un mezzo per esprimere se stessi più che un mezzo per esprimere qualcosa.


Five Leaves Left






Genere: Folk/Songwriting 
Autore: Nick Drake
Anno: 1969
Voto: ★★★★★★★★★☆


Il primo lavoro di Drake ci fa entrare nel suo mondo. Un mondo che sa di antico. E' un mondo che però ha la sua vivacità, la sua spensieratezza, i suoi momenti di riflessione.


E' un album sufficientemente maturo e complesso: l'inizio è affidato alla ballata in salsa folk-blues Time Has Told Me, con uno dei testi più belli che io abbia mai letto.


"Time has told me / your rare rare to find, / a troubled cure / for a troubled mind..."


La successiva River Man è la perfetta canzone malinconica alla Drake: chitarra in 5/4 seguita dalla sua voce che è di uno spessore indescrivibile a parole. Semplicemente direi che è la sua voce, e che si deve ascoltare almeno una volta nella vita. L'arrangiamento orchestrale è perfetto, atto a superare in forza e tragicità la voce del cantante.
Ma la vetta maggiore forse di tutto l'album è la dolce, e allo stesso tempo amara, Day Is Done: un soave arpeggio di chitarra, accompagnato dall'arrangiamento di tale Robert Kirby (a cui, anche se a me sconosciuto, vanno i miei sinceri complimenti per il suo lavoro).
Altro brano di cui vale la pena parlare, senza togliere niente alle altre composizioni, è la primaverile Cello Song, in cui Drake è accompagnato da un violoncello, e il cui testo sa di fiori che sbocciano ed amori ingenui (e per questo forse i più belli)


Tirando le somme questo si presta come il lavoro più ingenuo di Nick Drake, ma che per la perfezione delle sue parti risulta sempre godibile.


Bryter Layter






Genere: Folk/Pop/Songwriting 
Autore: Nick Drake
Anno: 1970
Voto


Bryter Layter è il secondo album inciso dall'artista inglese, ed è sicuramente quello più musicalmente curato. E' più maturo del precedente, e in molti sensi diverso da questo. Il titolo, enigmatico e strano anche per chi mastichi l'inglese, è semplicemente la variazione dialettale di "brighter later", termine di uso metereologico che suonerebbe come "schiarite nel tardo pomeriggio".


Personalmente sono molto legato a quest'album perché è il primo che abbia ascoltato di Drake. Scoperto proprio per caso in un negozio, incuriosito dall'insolita copertina, decido di prenderne il titolo e andare su youtube ad ascoltarne qualcosa.
Il primo pezzo a cui arrivo è forse il mio preferito di tutta la sua produzione: At the Chime of a City Clock.
E' un brano unico del suo genere: la voce di Drake è la migliore che abbia mai potuto sentire; gli spunti armonico-melodici sono a dir poco sublimi; l'inserimento di batteria (elemento nuovo considerando il precedente lavoro) e sassofono è così azzeccato che dà i brividi; le atmosfere che crea sono inimitabili nella loro peculiarità... e potrei andare avanti per ore, perché siamo di fronte ad un brano che ha mille sfaccettature, che ad ogni ascolto si fa scoprire sempre di più.


Il resto dell'album è costituito da una serie di pezzi perfetti e ben assemblati tra loro (Hazey Jane I e II, Poor Boy, One of These Things First, Northern Sky). Sono tutti pezzi bellissimi e unici, autentiche perle che splendono di luce propria in un universo musicale che francamente ci rifila per l'ottanta percento (e sono ottimista nelle stime) schifezze preconfezionate o altamente sopravvalutate.


Menzione speciale per il brano che dà il nome all'album, che è uno strumentale in cui il flauto delinea una melodia semplice quanto mozzafiato.


Pink Moon






Genere: Songwriting 
Autore: Nick Drake
Anno: 1972
Voto: 


I due anni che seguono la pubblicazione di Bryter Lyter non sono facili per il giovane talento di Tanworth-in-Arden: il successo non arriva, i concerti non esistono (Drake ha un blocco psicologico che gli impedisce di esibirsi), e la critica sembra non considerare i suoi lavori.


Pink Moon è l'album-testamento di Nick Drake. In questo lavoro di una sola notte mette tutto se stesso in musica. Sarebbe superfluo presentare i brani perché si tratta dell'artista stesso che decide di spogliarsi di fronte al mondo, con la sua sola chitarra in mano. Una chitarra che suona ancora con forza e vitalità. Drake non è solo maturo. E' completo.


La durata totale dell'album è di circa 29 minuti, molto poco anche considerando gli standard dell'epoca. E sono 29 minuti che devono essere ascoltati tutti d'un fiato. Come un epitaffio. Il culmine e il declino di un grande artista.


Dopo la pubblicazione di Pink Moon, infatti, il successo come al solito non arriva causando una forte crisi esistenziale e depressione del cantante, che si ritira nella casa di famiglia. La morte sopraggiunge per lui, come ci si aspetta d'altra parte dopo un album di questo tipo, nel 1974, all'età di 26 anni.




Nick Drake è stato sempre poco considerato dalla critica, che gli preferiva artisti più commerciali come il compagno di etichetta John Martyn (che dedicherà al cantautore il suo capolavoro Solid Air). La sua storia è la storia di un ragazzo gioioso, che cercava di attaccarsi il più possibile ad un mondo che sembrava respingerlo con tutte le sue forze.
Oggi è un artista riscoperto, visto come un poeta maledetto per la sua indole schiva e riservata, per la cupezza e solitudine delle sue idee musicali.
A noi tutto questo non interessa. L'unica cosa che importa sono i suoi testamenti, tre album bellissimi che saranno sempre nel cuore e nella mente di chi quest'artista l'ha ascoltato e amato.

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