giovedì 29 dicembre 2011

Top Five

Punk
Richard Hell & the Voidoids, Blank Generation's cover, 1977
Il Punk è morto.
Mi dispiace dirlo e doverlo ripetere tutte le volte, ma il Punk nasce e muore nel 1977, nonostante alcuni credano che sia vivo e vegeto ancora oggi. Ma ditemi, cos’hanno di Punk i Green Day, i Blink, i Simple Plan? Cosa hanno di bello da dirci che non abbiamo già sentito? Hanno cercato di farci dimenticare cos’era il Punk, cosa è stato e perché e ci sono riusciti perfettamente.
Il Punk è stato l’illuminazione, il picco musicale e sociale della seconda metà del 900, il momento della consapevolezza. È stato quando abbiamo capito tutto, capito che non ce n’era per nessuno, che il mondo non sarebbe mai stato nostro e che non avremmo mai vinto, perché in ogni caso saremmo finiti negli ingranaggi del sistema. È stato quando ci siamo stancati dell’ipocrisia, della serietà, della meritocrazia e della giustizia, lo abbiamo urlato al mondo e il mondo ci ha temuto, per la prima volta, e per paura ci ha trasformato in pupazzi, in fenomeni da baraccone. Ma l’urlo c’è stato, ed è stato il più disperato e il più violento, perché non era un urlo di pace e amore, di cazzate ipocrite o di parole difficili, ma un urlo di guerra, violenta e incondizionata.

1.     Anarchy inthe UK, Sex Pistols, 1977

I Sex Pistols sono l’emblema del Punk, e non senza motivo. L’urlo di rabbia e il desiderio di violenza sono una costante, e trapanano il cervello monotoni e inarrestabili, senza pietà.
Pubblicano un solo album, e si autodistruggono, incapaci di reggere il successo, incapaci di reggere la consapevolezza della loro sconfitta. Il mondo non li aveva capiti.

2.     BlankGenertion, Richard Hell & The Voidoids,1977

La generazione nulla. La generazione che non aveva nulla da conquistare e nessuno da convincere, una generazione di guerrieri senza scudo e senza istinto di difesa, di kamikaze, senza scopo e senso. L’inno della Generazione Punk.

3.     Add it up, Violent Femmes, 1983

Non è più la stessa cosa. I Violent Femmes sono di nuovo dei musicisti, non più gli illuminati del 77 e non ancora i maledetti degli 80. Sono la prima perpetuazione post-morte del Punk e la più brillante. Una musica the trasuda sesso da tutti i pori, una musica nuda e ancora piena di violenza, ma non più di rabbia.

4.     ThePassenger, Iggy Pop, 1977

Iggy Pop è il legame, il punto di incontro tra il Punk e il mondo, non alienato ed effimero come i Sex Pistols e Richard Hell, ma inarrestabile e incontrollabile, senza pietà. È considerato il padrino del Punk, ma in un certo senso va oltre, scava più a fondo e mette le fondamenta di un movimento più riflessivo e più ampio, che sarà il post-Punk, la generazione maledetta.

5.     Johnny Hit and Run Pauline, X, 1980

Il post-Punk sta prendendo piede, gli arrabbiati diventano rancorosi e la guerra aperta diventa sotterranea, sporca e oscura. Gli X non hanno solo rabbia da sfogare, ma anche qualcosa da dire, ma scelgono di dirlo nel modo sbagliato e alla gente sbagliata. La gente vuole la stessa rabbia e violenza del 77, vuole casino, e gli X vogliono fare musica e descrivere il loro mondo. Sono in un certo modo raffinati e superiori agli altri, portano avanti il cadavere del punk e non se la sentono di andare oltre, ma ci regalano ancora dell’ottima musica.

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