lunedì 20 gennaio 2014

Top Five


Signore e signori.

Sono arci-lieto di comunicarvi che, dopo un paio d’anni di dolorosa assenza, ritornano (anche se con più che probabile saltuarietà) le nostre mitiche Top Five. Non dubito che vi siano mancate; sicuramente sono mancate a noi. Ma rallegratevi. Abbiamo ancora milioni di abbinamenti anomali e sorprendenti in serbo per voi.

La domanda è: da dove ricominciare?

Per quanto mi riguarda, ricomincerei da dove ci siamo fermati, ovvero dalla mia (e non solo) deriva elettronica anti-americana e anti-hiphoppettara di qualche anno fa, che evidentemente non si è ancora estinta. Ebbene sia.



La techno è tutta, fottutamente, uguale.

Non vi stupirete certo di un’affermazione del genere. La prima cosa che viene in mente alla gente comune, all’uomo medio, quando parla di musica techno (o house, tanto a questo infimo livello di analisi non fa alcuna differenza) è proprio questa: è tutta uguale.
Frase che peraltro si riassume perfettamente nella pluripremiata onomatopea tunz-tunz, a cui spesso si aggiunge un para-para-tunz finale che certo non basta per sostenere il contrario.
Cosa dire quindi? È vero o no che questa musica è sempre, dannatamente uguale?
È verissimo.
Non vorrei essere frainteso dagli amanti del genere, anche perché sono uno di loro, ma questa frase è indubbiamente vera. Tutto sta nel come intendiamo interpretarla: come una critica o come una constatazione. È certamente una forzatura in questi termini, ma rende bene l’idea di quanto sia difficile per molti capire che è proprio li che sta la differenza tra la techno music (in senso lato) e il pop-rock imperante: nell’applicazione costante, volontaria e sistematica della ripetizione.
Ma ora, se permettete, passiamo ai fatti.


  1. Juan Atkins - Techno City ‘95
Riedizione del capolavoro electro-funk made in Detroit nel lontano 1984, prodotto a quattro mani con Richard Davis sotto il nome di Cybotron. La sintesi fantastica tra il miglior funk e quelle atmosfere techno che Atkins sembra raschiare con le unghie dalle fabbriche e dei palazzi abbandonati della Motor City, lascia sbalorditi, ipnotizzati. La ripetizione è all’apice del suo splendore e della sua raffinatezza in ambito dance. Perché questa è innanzitutto musica dance. E non potete dire che non faccia venire voglia di ballare.

  1. Fabrizio Maurizi/ Plastikman - Marbles (Fabrizio Maurizi’s 303 Remix)
Poco da dire qui. Basta ascoltare. Non conosco un altro pezzo capace di risvegliare il mio animo tamarro al pari di questo. Nemmeno un Franchino o un Gigi Dag. Eppure vi stupirete di quanto minuziosamente lavorate siano la struttura e il beat di questo remix, che non può che rendere giustizia ad uno dei capolavori della musica technio al suo autore, che praticamente la techno se l’è inventata.

  1. Mr. G - Song for my Cantor
Mr. G, voglio essere sincero, l’ho conosciuto appena l’altro ieri, mentre passavo in rassegna la sezione “nuovi” suoni di Fnac (virgolettato perché tra i nuovi suoni ci hanno messo anche gli 808 state, che si occupano di musica dai tempi della marcia su Roma). Definito da resident advisor uno dei Dj più influenti di sempre e uno dei più sottovalutati, non smentisce, alla prova dell’ascolto, né l’una né l’altra cosa. La sua musica è così esageratamente ripetitiva e martellante da risultare immediatamente irritante; per la maggioranza delle persone sufficientemente irritante da essere subito etichettata come “tutta uguale”/poco interessante. Qui si spiega perché è sottovalutato. Ma se si resiste qualche minuto in più, giusto il tempo necessario perché il groove entri in testa, tutto diventa più semplice e scorrevole; i minimi cambiamenti di tono, le sovrapposizioni impercettibili e incostanti creano una serie infinita di spunti musicali insospettabili al primo sguardo, in una atmosfera minimalista di rara efficacia, capace di dare il massimo valore possibile ad ogni singolo particolare. Qui si spiega perché influente.

  1. Laurent Garnier - Wake up
La Acid House al suo apice. Basta aspettare l’ingresso della cassa per capirlo.
Da brivido.

  1. New Order - Blue Monday
Lungi dall’essere il primo pezzo techno, come molti lo hanno definito, (e tantomeno il più bello) è però il pezzo che ha fatto capire una volta per tutte agli artisti, alle case discografiche, ai critici, a tutti insomma, in che direzione andava il futuro. È ancora in quel limbo (sicuramente variegato e per certi versi orribile) che separa la musica pop-rock dalla vera e propria techno, ma è già saldamente aggrappata da una parte. Lascio a voi il piacere di stabilire quale.

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