Genere: Drammatico
Anno: 2003
Regia: Fenton Bailey, Randy Barbato.
Cast:
Macaulay Culkin, Seth Green, Chloë Sevigny, Diana Scarwid, Marilyn Manson.
Durata: 98'
Voto: 8/10
Non è stata un esperienza
facile. Vedere questo film è qualcosa di faticoso, per cui bisogna prepararsi. Bisogna
essere pronti per qualunque cosa. Sennò si rischia di perdere un po’ la testa
pensandoci, di lasciarsi sopraffare dai sentimenti e dalle emozioni che
risveglia, di farsi sopraffare dalle immagini, da tutto.
Il giovane Michael, un
ragazzo arrogante, orgoglioso, sgargiante e omosessuale, organizza feste. Non
suona, non balla, non si esibisce su un palco. Organizza. Si traveste, si
droga, chiama un po’ di amici e se ne va marciando per New York infilandosi in
un club, o in un fast food, dove capita. Una vita assurda. Senza nessun limite.
Intorno a lui e all’amico
James, si crea un gruppo di discepoli, di malati della notte, pazzi scatenati
che vestono completi di lattice sado-maso, catene, costumi sgargianti e
colorati da carnevale e si lanciano in questa vita senza senso, questo mondo
dei sogni che Michael sta cercando di crearsi intorno.
E tutti vivono in un
sogno, un sogno pieno di musica, pieno di luci, pieno di risate e di lacrime,
sporco, squallido, ma comunque un sogno, una favola, che sembra senza fine.
E ciò che lascia
perplessi, sconcertati, è che la favola non finisce, non fa altro che
degenerare, diventare un incubo, ma senza che nessuno se ne accorga, senza che
gliene importi niente a nessuno. Tratto dalla vera storia di Michael Alig.
Forse questo lo rende
così pazzesco, il comprendere che il film più assurdo e perverso degli ultimi
vent’anni non è altro che una storia vera.
Vedere Party Monster mi
ha spiazzato. Mi ha lasciato senza parole, a pensare, ragionare,
su tutta questa inquietudine e questa ansia che sembrava avermi iniettato nel
cervello. È uno dei pochi film che l’ha fatto. Tutto quello che posso dirvi e che è
da vedere, assolutamente, da sopportare
fino all’ultimo minuto, passando attraverso le provocazioni e la realtà
terribile di un mondo malato, privo di senso, appoggiato su colonne di paglia,
che non possono fare altro che cadere; un mondo di travestiti, pervertiti,
omosessuali, sodomiti, drogati terminali, senza speranza, ma che vivono fino
alla fine col sorriso in volto, convinti ad andare avanti, perché sanno che
fermarsi li ucciderebbe.
Quello che mi ha colpito
di questo film, quello che lo differenzia dalle decine di film come
Trainspotting, che calcano sulla ferita aperta del mondo sotterraneo, della
droga e della depressione, è che in Party Monster non c’è redenzione: non c’è
una vera e propria fine, non c’è il momento in cui i personaggi si rendono
conto di quello che si sono creati intorno, della disperazione che si sono
tirati addosso con le loro stesse mani. Le ferite rimangono aperte, e
continuano a sanguinare.
Party Monster è un opera
d’arte, un collage variopinto di realtà e finzione che si scopre non essere
altro che realtà, dura e cruda, senza scampo.
p.s. Mi sono preso alcuni giorni di riflessione prima di pubblicare questa recensione, perchè non ero sicuro di una cosa: non riuscivo a capire se il film facesse talmente tanto schifo da sopraffare ogni pregio, o se dopo tutto lo schifo facesse parte dei pregi. Alla fine ho optato per la seconda. Colonna sonora fantastica.
p.s. Mi sono preso alcuni giorni di riflessione prima di pubblicare questa recensione, perchè non ero sicuro di una cosa: non riuscivo a capire se il film facesse talmente tanto schifo da sopraffare ogni pregio, o se dopo tutto lo schifo facesse parte dei pregi. Alla fine ho optato per la seconda. Colonna sonora fantastica.
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