sabato 4 febbraio 2012

Party Monster



 Genere: Drammatico
Anno: 2003
Regia: Fenton Bailey, Randy Barbato.
Cast: Macaulay Culkin, Seth Green, Chloë Sevigny, Diana Scarwid, Marilyn Manson.
Durata: 98'
Voto: 8/10

Non è stata un esperienza facile. Vedere questo film è qualcosa di faticoso, per cui bisogna prepararsi. Bisogna essere pronti per qualunque cosa. Sennò si rischia di perdere un po’ la testa pensandoci, di lasciarsi sopraffare dai sentimenti e dalle emozioni che risveglia, di farsi sopraffare dalle immagini, da tutto.

Il giovane Michael, un ragazzo arrogante, orgoglioso, sgargiante e omosessuale, organizza feste. Non suona, non balla, non si esibisce su un palco. Organizza. Si traveste, si droga, chiama un po’ di amici e se ne va marciando per New York infilandosi in un club, o in un fast food, dove capita. Una vita assurda. Senza nessun limite.
Intorno a lui e all’amico James, si crea un gruppo di discepoli, di malati della notte, pazzi scatenati che vestono completi di lattice sado-maso, catene, costumi sgargianti e colorati da carnevale e si lanciano in questa vita senza senso, questo mondo dei sogni che Michael sta cercando di crearsi intorno.
E tutti vivono in un sogno, un sogno pieno di musica, pieno di luci, pieno di risate e di lacrime, sporco, squallido, ma comunque un sogno, una favola, che sembra senza fine.
E ciò che lascia perplessi, sconcertati, è che la favola non finisce, non fa altro che degenerare, diventare un incubo, ma senza che nessuno se ne accorga, senza che gliene importi niente a nessuno. Tratto dalla vera storia di Michael Alig.
Forse questo lo rende così pazzesco, il comprendere che il film più assurdo e perverso degli ultimi vent’anni non è altro che una storia vera.

Vedere Party Monster mi ha spiazzato. Mi ha lasciato senza parole, a pensare, ragionare, su tutta questa inquietudine e questa ansia che sembrava avermi iniettato nel cervello. È uno dei pochi film che l’ha fatto. Tutto quello che posso dirvi e che è da vedere, assolutamente, da sopportare fino all’ultimo minuto, passando attraverso le provocazioni e la realtà terribile di un mondo malato, privo di senso, appoggiato su colonne di paglia, che non possono fare altro che cadere; un mondo di travestiti, pervertiti, omosessuali, sodomiti, drogati terminali, senza speranza, ma che vivono fino alla fine col sorriso in volto, convinti ad andare avanti, perché sanno che fermarsi li ucciderebbe.
Quello che mi ha colpito di questo film, quello che lo differenzia dalle decine di film come Trainspotting, che calcano sulla ferita aperta del mondo sotterraneo, della droga e della depressione, è che in Party Monster non c’è redenzione: non c’è una vera e propria fine, non c’è il momento in cui i personaggi si rendono conto di quello che si sono creati intorno, della disperazione che si sono tirati addosso con le loro stesse mani. Le ferite rimangono aperte, e continuano a sanguinare.
Party Monster è un opera d’arte, un collage variopinto di realtà e finzione che si scopre non essere altro che realtà, dura e cruda, senza scampo.

p.s. Mi sono preso alcuni giorni di riflessione prima di pubblicare questa recensione, perchè non ero sicuro di una cosa: non riuscivo a capire se il film facesse talmente tanto schifo da sopraffare ogni pregio, o se dopo tutto lo schifo facesse parte dei pregi. Alla fine ho optato per la seconda. Colonna sonora fantastica.
 

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